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Parigi.
Gare de Lyon.
Interminabile corridoio tra una linea della metro e l’altra, linea 14 verso linea 1.
Prima fila ad un concerto di musica classica composto da quattordici giovani elementi.
Sembra impossibile… se non vi è mai capitato di rimanere per un po’ di tempo a Parigi; questo è uno
degli esempi più eclatanti di quanto la musica sia costantemente presente in questa grande città al di là degli appuntamenti programmati nel locali e all’interno dei festival e di come il suo grande valore sia generalmente riconosciuto dagli abitanti seppur perennemente in corsa nel tran tran della metropoli.
Ce n’è per tutti i gusti: la fisarmonica di un Libertango, il sax dai ritmi blues, la voce della “chanson française”, per non parlare di un vero pianoforte posizionato in Rue Saint-Merri, di fronte il Centre Pompidou, abilmente suonato da un giovane pianista.
Un musica che rompe dunque la quarta parete dei luoghi convenzionali solitamente a lei riservata e che si fa realmente democratica offrendosi gratuitamente alle orecchie di passaggio senza il consenso di nessuno.
In un’epoca in cui la circolazione della musica, eccessiva, e il suo ascolto, banalizzato, hanno fatto credere all’avanguardia della tecnologia che questo fosse il metodo migliore per far credere alla persone di essere indistintamente nella possibilità di ascoltare musica ovunque e in qualsiasi momento nella logica del massimo profitto, ecco la risposta. Essa, la musica, come altre arti, nonostante ci troviamo nell’era della “riproducibilità tecnica” di benjaminiana memoria, conserva la preziosità dell’esecuzione dal vivo, esige di tanto in tanto l’ascolto autentico, si arricchisce della vista dello sforzo muscolare del suo esecutore nonché della vibrante emozione del pubblico.
(Valentina Magro)
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